Luca Melzi
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Capricci d’inchiostro



GIONATA

L’INCIPIT

 

Colui che schiuse quella recondita fessura in un remoto angolo

 della mia  Anima

dalla quale

  vennero alla luce i miei stai d’animo

…scritti,

dopo quelli colorati.

I miei “CAPRICCI D’INCHIOSTRO”.

Cominciai  così questa avventura esprimendo il bisogno vitale che  la Natura imprime sul mio modo di essere e di  conseguenza scaturirono  pensieri dedicati agli affetti a me piu’ cari che si identificano in alcuni  fiori .

Di seguito mi dilettai sulla “RIMA BACIATA” .

E per non deludere il lato ludico del mio carattere scrissi pensierini “BOCCACCESCHI” a soggetto animali in situazioni quanto meno anomale.

BUFFE righe scanzonate.

E poi…

abbandonai liberamente ogni costrizione,

 come mia abitudine,

 per  sondare il puro istinto che mi ammorba.

 E  da qui una lunga serie di pensieri,

flash della mia Anima,

 riflessi attraverso le dita ,

 apostrofi del mio SE.

Sono sempre stato scarso nelle materie letterarie  e soprattutto nell’esposizione scritta.

Pertanto chiedo perdono a tutti coloro che si soffermano a leggermi.

Ma la bestia passionale ed impulsiva che mi governa non mi da’ respiro autonomo.

Devo inspirare la mia anima e nutrirmi di lei sino all’ingordigia.

AFFETTI CARI

Fiorellino bianco

 

 

Morbido fiorellino bianco ,

dai danzanti petali,

 ditina  in cerca della fisicita’ paterna.

Ti addormenti nell’ incavo  del mio gomito,

tuo inseparabile  ciuccio ,

 come il pistillo del giglio avvolto dal calore dei sepali.

Il profumo che emani sussurra al mio cuore l’essenza del mughetto.

Il tuo crapino  serico,

colore del grano acerbo,

 mi accarezza sofficemente  il viso

 come stelle alpine che si stagliano tra le rocce

quasi ad urlare la Curiosita’ della Natura,

Unica Madre,  progenia della  perfezione.

Come te  raro

gioiello prezioso

concepito dal seme  della bellezza e purezza in quanto frutto della stessa Natura.

Speranza del POI

Frutto delle mie origini

ma figlio dell’ Universo.

     

Sento ribollire

 

Sento ribollire

la ferocia del mio sangue.

Riflesso

delle luminose  risate e dei repressi pianti

di mia madre

dagli occhi come ardenti tizzoni

di disarmante amore.

Sulle increspature della mia anima

cerco

quel lembo  interrotto

dove poter spiccare il volo

per riavvicinarmi a LEI,

ma LEI e’ il mio involucro

che protegge anche le ipotesi dei miei voli.

…

seguito:

le sporgenti  impunture dei rami del mio nido

sono gli aculei dei miei

pindarici voli

da cui

ogni volta

ricado

trafitto dalle perse illusioni

precipitando nel mio  alveo.

Frastornato nel pensiero

mi desto dal torpore

annusando

l’Anima

che mi sorride

con  morbida intelligenza.

A me

si schiude

come la cresta spumosa, bianca,

intatta onda

inghiottendomi

nel suo profondo lago

d’emozioni.

Crudelmente felice

mi sguscio

dalla pelle

stemperandomi

nell’amore.

BESTIADI

La Gallina

 

La gallina in bigodini simil quasi a un pappagallo

ben mostrando la coscetta

sotto il casco  luma il gallo

che con forbice e spazzetta

la fara’ ancor piu zoccoletta.

Consapevole e certo

qual pennuto molto esperto

che la rendera’  pollastra

tanto gnocca e gran topastra

La gallina si rinnova

ed evitando una cova

col piumaggio a permanente

nel pollaio   trionfante

incede in tacchi gongolante

ma i bargigli e la cresta

mal  celati fanno festa

tra le piume  messe a nuovo

impossibile  rinnovo.

E le penne del sedere

son rimaste  dal barbiere

Chioccia pazza e disperata

la gallina disgraziata

Lei, un  pollo  travestito

restera’ senza marito.

STATI D'ANIMO

Ormai Quasi

 

Ormai quasi esanime

il mio cuore ferito

dalla volgarita’ dell’apparenza,

si fodera di veli d’Anime,

brezze pure

che soffiano nelle fessure

ancora palpitanti.

Scaglie di carne,

frementi

di assorbire

le sfumature

del vento eterno

della saggezza.

A lui si libra

immerso

ormai

nella bellezza

eterna

dell’Universo.

 

Alla Luna

 

nove settembre duemilaquattordici

 

come le velate ed inopportune nubiciattole

che offuscano la luna,

impallidendola,

così,

il mio tempo sprecato,

cercando un passato non ancora nato.

Ma ora, finalmente, posso ascoltare la mia Anima e sentire scorrere sulla mia pelle

il brivido d’ Amore che mia Madre diffonde.

Mi chiedo se sia LEI la luna che,

attraversando le penombre mi fa perdere del tutto l’ipotesi di un senso,

già precario,

di una vita a me già squilibrata.

Allora abbandono il mio nido e spicco il volo verso la mia LUNA.

madido di emozioni,

fradicio di serenità

 

Critiche

 

Il tuo capriccio mi è piaciuto anche se generalmente i capricci sono leggeri e vacui, mentre fra le tue righe ho letto uno ricerca piuttosto impegnativa; non il deragliare edonistico dei sensi, quanto piuttosto la concreta esperienza di dar forma a qualcosa nel momento in cui ci si accorge di essere sospesi fra due mondi, uno appena passato e uno immediatamente successivo. Ritrovo la tua urgenza di perfezione, la tua voglia di libertà in quello che dovrebbe essere ma che ancora non è, e che successivamente sarà. Tutto ciò mi è suggerito dall’espressione, a mio avviso interessantissima “perdere l’ipotesi di un senso già precario di una vita a me già squilibrata” e successivamente dalla voglia di “spiccare il volo”. La speranza c’è, ma l’ambiguità del dolore è obbligatoriamente attrattiva. La “serenità” fradicia del finale è d’effetto, sembra quasi disturbare, funziona. Ribadisco, non sono un critico, le mie sono solo sensazioni.

 

ANDREA LODDO

 

Scalzo

 

tredici maggio duemilaquattordici

 

Ieri l’altro un frate francescano nell’osservare le mie “VENEZIE” ha riscontrato profonda spiritualità.

 

Scalzo,

cammino,

sulla fantasia che dalla mente mi riveste tutto il corpo.

Con lei, gioco, in un inedito equilibrio che rincorre, inconsapevolmente, una scia di stelle.

Percorro un sentiero di Anime che mi trasmettono i loro impulsi, possenti emozioni.

Mi lecco le labbra che si screpolano in lacrime di pura gioia

e

m’inebrio d’Amore

 

Affondo

 

ventotto maggio duemilaquattordici

 

ad ELSA

 

Con le braccia affondate nella terra bagnata del vaso,

nel tentativo di ridare vivacità al macilento geranio,

insidiato dal soffio di vento

sollevo le ciglia al cielo

e,

tra le plumbee nubi, quel ritaglio d’azzurro,

dalla foggia d’uno dei tuoi capricciosi ricci,

mi seduce il pizzo, come quando ci gioco con le dita.

Ed il muro a cui m’appoggio, accarezzato dai rami di gelsomini, pare assumere la sinuosità delle tue braccia aperte a ricevermi.

Dissolto in trasparenze mi abbandono alla tua Luce ferina, d’un celeste improbabile.

 

Trasfigurato

 

ventidue maggio duemilatredici

 

Con remissiva delicatezza mi offro

alle foglie colme della pioggia appena trascorsa

e con gesto naturale a loro mi inclino

irrorando la fronte di perle d’acqua

che dissetano la mia mente.

Trasfigurata la mia Anima si amalgama alla Natura.

E nell’oblio della sua bellezza respiro a pieni polmoni,

nutrendomi della VITA.

 

Critiche

 

Che dirti?! E’ un percorso “tutto barocco”, perlomeno nella scrittura, ma suscettibile, nel fondo, di un vissuto febbrile, intenso; una sorta di schizofrenia mentale intesa non nel senso più patologico del termine ma come capacità della mente di creare subdole scenografie, feroci e sfolgoranti quadri, non appena viene sollecitata. E’ un grande deposito di immagini e metafore, di effetti speciali in cui tutti possono venire coinvolti e in cui ognuno può decidere di perdersi, non senza un pizzico di sofferenza, derivata da “quell’obbligo di dover per forza riflettere”. Prendiamo “Scalzo”, per esempio. E’ mai possibile pensare alla spiritualità all’interno di una piéce dove le Anime sembrano assumere connotati sensualissimi capaci di regalare a rosse labbra le ancor più sensuali lacrime di gioia? Ovviamente è possibile, poiché quell’amore che traspare è l’Amore universale, è quello del tempo della Creazione, quello di un tempo atavico non misurabile con le lancette dell’orologio ma solo sentendolo come parte di noi, e più segnatamente come parte più alta di noi, dove risiedono la speranza e la fiducia infinite, quello dunque del puro spirito. Così il cerchio si chiude e si scopre che quella” fantasia” iniziale “che ricopre il corpo”, altro non è che il mezzo per raggiungere la cima; praticamente potrebbe suggerire l’utilizzo catartico che tu stesso fai dell’arte. “Con le braccia affondate”, la lieve atmosfera iniziale di quel balcone o giardino, è stata subito rotta dal geranio, che è “sparuto”, e dalle nubi che sono plumbee; nessun regalo facile, come se il tuo racconto del mondo non dovesse mai staccarsi dal silenzio meditativo. Il tuo pensiero è come l’acqua del lago, calma in superficie e brulicante di esseri mostruosi una volta superata la superficie. Acque perigliose, ma sempre proiettate verso un sentiero arricchente, mai prese come tali o rifuggite, essenziali perché capaci di trasformare il bambino in uomo, l’artista in trascrittore delle realtà più profonde dell’esistenza. Poi c’è la donna, con il pizzo (che, a dire il vero, è sempre antico e moderno insieme), i riccioli capricciosi, le braccia sinuose e il gelsomino; una quadro d’autore, forse una di quelle donne perfette, sognate ma reali, come in uno scorcio preraffaellita. E non potrebbe essere altrimenti per uno che ama Dante Gabriele Rossetti e le atmosfere oniriche. La tua vita è semplicemente un sogno o i sogni invadono la tua mente fino a farsi realtà? … Ci siamo. Le nubi, la notte, il cielo plumbeo sono spariti per dare spazio a questa sorta di respiro ultimo. E il momento appena successivo alla rinascita della fenice, un afflato poetico che sa di miele e di meraviglie; qui l’artista gioisce e la remissiva delicatezza con cui si apre alla Natura non ha più nulla della sconvolgente e ferina bellezza della donna del gelsomino. E’ solo natura, senza spietate valutazioni o pensieri “strutturati”. Qui il corpo è libero, l’anima e il pensiero pure; d’altronde è una trasfigurazione, e come tale va trattata. Per quanto glamour ed elegantemente cesellata ci parla dell’anima che entra nella natura, è visione olistica, è superamento dell’imperfetto e confluenza in un tutto perfetto. Ci parla di Vita. E dunque una cosa seria? Oppure “le perle d’acqua che dissetano la mente” e “l’oblio della bellezza di quella Natura” servono solo a suggerire l’ennesimo sogno che serve a nutrire la mente dell’artista?

 

ANDREA LODDO




Ecco la mia SPIETATA CRITICA: sono semplicemente meravigliosi: Hanno un’inflessione simbolista. Utilizzi tutti gli strumenti simbolistici per esaltare i sensi del lettore in particolare l’alliterzazione (ripetizione frequente di una consonante all’interno di un verso o più versi) la n che esprime malinconia alla Z che dà movimento e leggerezza. Questa tecnica crea musicalità. Sono sicuramente scritti in momenti diversi in cui esprimi anche molto romanticamente malinconia e speranza. Emerge comunque il carattere pessimistico ma molto razionale del tuo essere. Il titolo “capricci d’inchiostro” è molto leggero e troppo umile secondo me. Uno si aspetta ad un altro stile di poesia. Invece le tue sono molto profonde e il titolo non si addice secondo me all’intensità poetica.

Comunque ribadisco l’idea di fare un percorso visivo e uditivo con sottofondo musicale. Sarebbe bellisimo anche perché i simbolisti avevano l’intenzione di “ubricare” il lettore mescolando tutti i sensi e qui siamo in perfetta linea. Complimenti ancora mi hai colpito molto positivamente. Un abbraccio

Marie-Michèle



Le tue poesie son finissime pennellate di un dipinto… I tuoi dipinti son versi che scaldano il cuore… La tua arte e’ l’espressione della bellezza della vita.

F.S. (Professore di Storia dell’arte)

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